Durante il meeting periodico per "assestare" natura dei servizi e costi della nostra collaborazione un cliente mi lancia la provocazione: "Vorrei trasferire la sede legale della società presso una casella postale (PO Box) come fanno tante società in mezzo mondo".
"Perché no", penso ad alta voce. Ebbene, sembra incredibile ma nell'Italia del III millennio questo non è ancora possibile. Lo vieta una disposizione transitoria e di attuazione del codice civile. Disposizione transitoria che sembra tragga la propria ratio ... da un modulo cartaceo.
Aspetti giuridici
Come accennato l'obbligo di indicazione della sede legale, comprensiva di indirizzo, è stabilito all'Art. 111-ter delle Disposizioni per l'attuazione del Codice civile e disposizioni transitorie (RD 318/1942):
Chi richiede l'iscrizione presso il registro delle imprese dell'atto costitutivo di una società deve indicarne nella domanda l'indirizzo, comprensivo della via e del numero civico, ove è posta la sua sede. In caso di successiva modificazione di tale indirizzo gli amministratori ne depositano apposita dichiarazione presso il registro delle imprese.
Su questa base, l'Ufficio del Giudice del Registro delle Imprese di Roma (Sentenza 2481/2015) aveva negato, facendo giurisprudenza, la iscrizione di una modifica della sede legale ad una cassetta postale.
Nel codice civile il requisito della "sede" è presente all'art.2196. Anche nella vecchia formulazione del 1944 (che elimina l'informazione sulla razza dell'imprenditore richiesta nel testo originario) non è presente un riferimento ad indirizzo fisico. Ovviamente nel 1942 non poteva essere che tale.
Per i non addetti ai lavori, non necessariamente presso la sede sono esercitate attività operative. Lo sono nelle unità locali, che possono essere uffici, magazzini, negozi, stabilimenti ecc.. Per "sede legale" intendiamo spesso nulla più di una bandierina sulla mappa funzionale al recapito degli atti amministrativi e giudiziari, della individuazione del Tribunale competente e al recapito della corrispondenza.
Nemmeno la revisione delle istruzioni sulla iscrizione delle imprese al Registro Ditte CCIAA (poi registro imprese) prevedevano che la sede legale avesse l'indirizzo (cfr DM 9 marzo 1982 e ssmm). Nell'Art.12 del Decreto si fa riferimento alla modulistica CCIAA (cartacea). Visti i tempi l'indirizzo era presente solo su questi moduli.
Quando venne attivato il Registro Imprese presso le CCIAA trasferendo le competenze in capo al Tribunale (DPR 581/1995 in attuazione dell'Art.8 L.580/1993), anche in questa occasione non si riscontra nessuna indicazione del concetto di sede, anche se, lo ribadisco, la sede a quei tempi non poteva che essere fisica, dal momento che il protocollo http risale solo al 1991, e uno strumento come la PEC non era nemmeno ipotizzabile.
La riforma del Diritto societario, attuata dal Governo Berlusconi con la Legge 3 ottobre 2001 n. 366, ancora non prevede alcun obbligo di indirizzo fisico, anche se dobbiamo supporre che fosse sottinteso in quanto non erano ancora state approvate le norme tecniche per il domicilio digitale PEC, che arriveranno solo nel 2005 con il Regolamento PEC e con il Codice dell'amministrazione digitale. Il concetto di "domicilio digitale" (obbligatorio) è perfezionato poi successivamente con il D.Lgs. 217/2017.
Ad oggi il canale di comunicazione (e di notifica di procedimenti e sanzioni) a carico delle imprese è unicamente il canale digitale. Solo se non dovesse andare a buon fine la notifica digitale, la notifica andrebbe fatta al domicilio fisico (Cassazione n. 2193 del 24/01/2023 e n. 16125 del 07/06/2023). Se il domicilio fisico non è raggiungibile, ci soccorre il codice civile: la notifica si può effettuare presso il domicilio del Legale rappresentante (Art. 145 Codice di procedura civile).
Per quanto riguarda la tutela dei consumatori e degli altri stakeholders, sono assenti, o facilmente rimediabili, i riferimenti ad un indirizzo fisico contenuti nel Codice del consumo (D.Lgs 206/2005) e nel GDPR (Regolamento 2016/679).
Consultando i Documenti preparatori della Camera (al Senato la riforma passò senza modifiche) non si evince nemmeno qui nessuna volontà specifica di pretendere che la sede sociale sia fisica. Di nuovo, nemmeno nella "opinion" sullo schema di D.lgs. si trova alcuna traccia di una volontà del legislatore sulla disposizione specifica.
Insomma, a quanto pare, il testo dell'Art.111 Disp.Att.CC introdotto con il D.Lgs.6/2003 in attuazione della delega contenuta nella L. 366/2001, ha unico fondamento in ... un modulo cartaceo standardizzato dal Ministero dell'Industria almeno agli inizi degli anni '80 se non prima.
Normativa europea
In tema di Diritto Societario la UE ha competenze sussidiarie e /o finalizzate alla armonizzazione delle normative nazionali in modo da facilitare il mercato unico e di realizzare le 4 libertà fondamentali (libera circolazione di merci, persone, capitali, libertà di stabilimento).
Non ci sono, se non per situazioni marginali, direttive cogenti in tematica societaria, e limitatamente a società che possono incidere su una delle 4 "libertà".
A tal fine si è costruito un set di requisiti minimali per i diritti nazionali (che non prevedono, né escludono sedi virtuali). Per le SPA i requisiti minimali sono esposti nella Direttiva 2017/1132. Nella Direttiva 2019/1151 si va oltre e si prevede la modalità telematica per l'atto notarile di costituzione e modifica societaria. La Direttiva è stata recepita con D.Lgs.183/2001, ma si è persa l'occasione di ritornare sull'argomento della sede legale.
L'obiettivo finale degli interventi del Legislatore dell'Unione è:
avviare attività economiche più facilmente, più rapidamente e in modo più efficace sotto il profilo delle tempistiche e dei costi (preambolo Direttiva 2019/1151)
Una cassetta postale (da 100€ + IVA anno) costerebbe al massimo un sesto (50€ mese più IVA, ma più frequentemente oltre i 100) del costo di una domiciliazione. Senza nulla togliere alle tutele di Erario e stakeholders.
La posizione del Notariato
L'ufficio studi del Consiglio Nazionale del Notariato ha esaminato nel dettaglio la introduzione dell'Art.111-ter con un documento (Studio 5226/2004) che ne analizza gli antefatti, ma anche la estensibilità alle società di persone, non prevista nella lettera della riforma, destinata alle sole società di capitali.
Innanzitutto capiamo perché la sede legale nel 2004 doveva comprendere anche l'indirizzo e il numero civico. Si tratta della risoluzione della controversia tra due tesi dottrinarie nel silenzio della Legge che abbiamo sopra illustrato.
La tesi minimalista (basta il comune, inutile l'indirizzo) si fondava sulla constatazione per cui l’identificazione della sede sociale rilevava:
a) per la determinazione del giudice territorialmente competente per le controversie giudiziarie che coinvolgevano la società;
b) per la determinazione del luogo di iscrizione nel registro delle imprese;
c) ai fini dell’applicazione della legge fallimentare;
d) per il domicilio fiscale;
e) per determinare gli usi contrattuali applicabili nell’interpretazione dei contratti.Ne conseguiva la sufficienza dell’indicazione del solo Comune.
La giurisprudenza ritenne con sempre maggior insistenza che fosse necessario integrare la prescrizione statutaria con l’indicazione dell’indirizzo, rilevando come quest’ultimo dato fosse necessario, da un lato, per consentire l’applicazione di numerose norme organizzative che lo presupponevano, a cominciare da (A) quelle in tema di luogo di convocazione della assemblea o di deposito del bilancio e delle altre situazioni patrimoniali obbligatorie per legge; dall’altro in quanto (B) funzionale alla necessità dei terzi di porsi in relazione con la società, nonché alla luce del disposto dell’art. 145 c.p.c. in tema di notifiche (C) alle persone giuridiche, da cui trapelava una nozione di sede legale comprensiva di tutti i dati utili alla sua pronta identificazione; ed in ultimo, al fine di garantire un’agevole forma di pubblicità (D) presso la Cancelleria Commerciale dei Tribunali a vantaggio dei terzi, tramite la lettura dell’ultimo statuto depositato in ordine di tempo anziché di tutti i documenti contenuti nel fascicolo relativo alla società.
Con riferimento alla "ratio" giurisprudenziale della necessità dell'indirizzo nella sede legale:
- Si può ovviare con la convocazione della Assemblea in luogo fisico o su piattaforma digitale che assicuri la identificazione dei partecipanti (oramai è la prassi), e la pubblicazione del Progetto di bilancio in cloud riservato, o trasmesso via mail, o pubblicato sul sito internet della società. Quindi sostituirei la sede legale con un diritto di accesso alle copie (o originali) digitali dei documenti.
- Il domicilio digitale e gli indirizzi ad hoc per GDPR e Diritti dei Consumatori hanno superato il vecchio concetto di sede.
- La necessità di notificare gli atti presso la sede legale è superata dall'obbligo di domicilio digitale, con possibilità di notifica al Legale Rappresentante se il domicilio digitale non è raggiungibile o è scaduto.
- La digitalizzazione del Registro Imprese ha rimosso l'ostacolo.
In sintesi, con alcuni agili interventi interpretativi si potrebbero rimuovere gli ostacoli alla individuazione "light" (solo comune) della sede legale. Consideriamo che gli utenti potenzialmente interessati ad una più agile operatività sono in genere o giovani (di pensiero) nativi digitali o adattatisi, e/o investitori esteri che vedrebbero nella estesa digitalizzazione del diritto societario una agevolazione alla immissione di capitali.
La situazione reale e soluzione proposta
Sono sempre più frequenti i casi di imprese esercitate in modalità virtuale, con archivio presso un cloud, documenti dal commercialista e spesso lavoro in remoto di risorse sparse ovunque, non necessariamente in Italia. Quasi sempre la sede prescelta è il domicilio del legale rappresentante, o una sede provvisoria (stante che nessuno controlla).
La normativa sulle notifiche già prevede l'obbligo di domicilio digitale e il backup con la notifica fisica al Legale rappresentante se tutte le altre strade risultano infruttuose. Quindi alle istituzioni italiane nulla importa di una sede legale fisica, importa individuare i luoghi effettivi di esercizio della attività per le verifiche in materia di diritto del lavoro, sicurezza, ambiente ecc.
Un recapito non digitale è indispensabile per rendere raggiungibile l'impresa da parte dei consumatori o di cittadini che ritengano violati i propri diritti di riservatezza per contestazioni informali. Obiettivo comunque raggiunto da una casella postale. Considerando anche che l'obbligo di indirizzo fisico trae origine dalla trascrizione in norma di prassi amministrativa contenuto nella modulistica camerale.
Quindi, una situazione ottimale sarebbe la elezione di una sede "legale" nella circoscrizione di un Tribunale, in modo da individuare il giudice naturale, ed un obbligo di istituire almeno una cassetta postale (o un indirizzo fisico) per ricevere contestazioni da consumatori/utenti ancora non muniti di strumenti digitali. Questo se la attività è rivolta a consumatori. Ricordiamo che il numero delle sedi "fake", rimaste in vecchi indirizzi di consulenti con i quali si è risolto il rapporto non sono poche, ed una riforma interpretativa renderebbe decisamente più attuabili gli interessi pubblici che una volta erano tutelati dall'indirizzo fisico.
Costo erariale: ZERO, risparmio per le imprese: da 600€ in su, svantaggi della collettività: ZERO. Problema? calo del fatturato di chi offre servizio di domiciliazione legale.